Lettera a Silvio Berlusconi

Caro Silvio,

facciamo subito chiarezza, io non sono un tuo elettore, non ho votate per te nelle ultime elezioni e non l’ho fatto nemmeno in quelle precedenti; ma questa è storia. E il futuro non si fa di storia.

Ora tu sei il mio primo ministro e i miei orientamenti di voto diventano insignificanti a cospetto del massimo ruolo che stai ricoprendo per me e per la mia nazione; invidio degli Stati Uniti il loro massimo rispetto per le istituzioni per quello che rappresentano e non per chi le rappresenta.

Pertanto a te mi rivolgo con questa breve missiva.

Sono un ragazzo di 26 anni, laureato con 110 alla specialistica di Economia e con laurea breve in Ingegneria Informatica, ho fatto 1 anno di Erasmus nel Regno Unito, 7 mesi di tirocinio in una multinazionale informatica a Dublino, una decina di pubblicazioni accademiche, durante gli studi mi sono mantenuto facendo siti internet per piccole aziende ed ora, dalla conclusione dei miei studi, lavoro per una nota multinazionale della consulenza aziendale.

Per imprinting famigliare ho imparato il significato delle parole sacrificio, dedizione e impegno. Ho imparato a non tirarmi mai indietro di fronte agli ostacoli, ma soprattutto alle opportunità che spesso richiedono salti ben più alti e sforzi ben più intesi.

La scelta del mio percorso post universitario l’ho vissuta con intensa passione e forti contrasti emotivi tra il mio desiderio di fare ricerca e la mia necessità continua di concretezza e praticità che è chiaramente peculiarità maggiore del mondo aziendale. Ho infine optato per le aziende convinto che questo mi permettesse maggiori prospettive e sicurezze economiche rispetto a quanto potesse dare l’Università e convinto che in questo modo potessi realizzarmi nel mio paese.

Per il mio nuovo lavoro mi sono trasferito a Milano, faccio il pendolare settimanale, la famiglia a Verona, la morosa a Trento, e una vita passata in gran parte sui treni che sono sempre in ritardo e strapieni.

Sono passati 10 mesi da quando ho cominciato a lavorare; da subito, un neo lavoratore che si trasferisce a Milano incappa sul enigma economico che sta dietro la voglia, il diritto e, in qualche modo, il dovere, di mettere in gioco la propria esperienza nella capitale industriale del nostro paese, per il nostro paese: il prezzo della vita, incredibilmente sproporzionato agli stipendi.

Dicevo, mio primo ministro, sono passati 10 mesi da quando ho cominciato a lavorare, non fumo, non bevo, non ho l’automobile, non esco la sera perché di solito la sera lavoro e quando non lavoro dormo, non sperpero, vivo semplicemente tra qualche spesa all’Esselunga, alla Standa o al pachistano sotto casa quando rientro troppo tardi dal lavoro per trovare un supermercato aperto e oggi, controllando il mio conto in banca ho scoperto il valore del mio sudore e dei miei sacrifici: 1.023,20 euro.

Praticamente in 10 mesi sono riuscito a mettere da parte poco meno di uno stipendio, con questo ritmo per acquistarmi una semplice automobile devo lavorare 100 mesi, all’incirca 8 anni; a 34 anni avrò la mia, bella, Punto, fiammante.

Caro primo ministro, che io sia di destra o di sinistra poco importa, centinaia di coetanei sono nelle mie condizioni e potrebbero rappresentare l’intero arco parlamentare. Qui non si tratta di precari, di operai, di centralinisti, di pensionati, di emarginati della società, qui si parla della nostra futura classe dirigente politica, economica e finanziaria, di destra e di sinistra, di centro, di nord e di sud.

Caro Silvio ho preparato il mio curriculum in inglese. Qui, nel mio paese, voglio realizzarmi, voglio farmi una famiglia, voglio sposarmi e avere figli. Forse io partirò comunque o forse resterò, galleggiando; ma tu, mio primo ministro e i futuri primi ministri di questo paese, vi prego, cambiate le cose.

Distinti saluti
Un cittadino italiano
Francesco Magagnino